Lei, Eleonora

Ricordare la Duse, il suo vivere il teatro, implica abbandonarsi a frammenti di ricordi, testimonianze, lettere. Penetrare nel segreto della sua anima, rivivere le sue contraddizioni, condividere le sue angosce, esultare per i suoi sogni. Uno spettacolo delicato e profondo che dà corpo alla sua presenza, più che alla sua mancanza, a quello che ha dato di sé, allo spessore del suo pensiero, ai suoi sentimenti, al suo mondo interiore.
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Chi, dove, quando...

domenica 27 ottobre

OSPITI

una produzione Kaosteatro

in collaborazione con Filodrammatica G. Negri

LUOGO

Teatro La Stanza

ORA

ore 10.30

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Contenuti

Lei, Eleonora

Spettacolo teatrale

Una produzione Kaosteatro in collaborazione con
Filodrammatica G. Negri

regia e sceneggiatura: Paulo Tieppo

Con: Alessia De Marchi, Anastasia Zambianco, Angela
Caltanella, Antonio Cusinato, Sara Agostini.

Musiche: Jacopo Francescato

Scenografia e luci: Paulo Tieppo

Una sedia dov’è seduta una donna. Uno specchio, un baule.
Vestiti, lettere, libri. Il camerino dove un’attrice si prepara per entrare in
scena? La camera di una ragazza la mattina della discussione della sua tesi di
laurea? In questo vestibolo beckettiano la donna vive i propri limiti, le
proprie difficoltà, le proprie paure. Sola di fronte a se stessa. Sorretta
unicamente dal pensiero. Anzi, un pensiero, fisso. Un pensiero che ha un nome,
il nome del suo mito: Eleonora Duse. Ma è un pensiero che prende le distanze
perché la Duse stessa non amava parlare di sé, perché odiava l’idea di
un’autobiografia, non sopportava i giubilei e men che meno i centenari. E’ un
pensiero che non ha corpo, si materializza solo con la voce. Possiamo ricordare
Michelangelo sfiorando la sua Pietà, Beethoven chiudendo gli occhi e sentendo
la Quinta Sinfonia, Leonardo da Vinci contemplando la Gioconda, Dante gustando
la Divina Commedia, Hitchcock guardando La finestra sul cortile. Per il teatro
è diverso. Tutto ciò che ci rimane sono copioni, manifesti, fotografie. Carta,
insomma. Magari ci sono delle riprese. Ma non è lo stesso. La magia del teatro
dove tutto capita qui e adesso tra un attore o attrice e il pubblico è
un’esperienza che si registra solo nel cuore. Ricordare la Duse, il suo vivere
il teatro, il modo in cui ha modificato il teatro implica abbandonarsi a
frammenti di ricordi, testimonianze, lettere. Penetrare nel segreto della sua
anima, rivivere le sue contraddizioni, condividere le sue angosce, esultare per
i suoi sogni. Non c’è peggior modo di ricordare una persona scomparsa che
festeggiare la sua morte. La memoria invece va tenuta in vita. Va nutrita.
Sulla Duse è stato scritto tanto, se n’è parlato di più. Abbiamo voluto dare
vita a uno spettacolo che dia corpo alla sua presenza, più che alla sua
mancanza, a quello che ha dato di sé, allo spessore del suo pensiero, ai suoi
sentimenti, al suo mondo interiore. E nel farlo abbiamo dovuto indagare,
leggere, curiosare. E sognare. In questo viaggio ci sono venute incontro le
parole di Alessandra Cenni, di Maria Osti Giambruni, di Francesca Simoncini, di
Gerardo Guerrieri, di Leonardo Vergani e, in particolare, di Antonio Tabucchi.
Ma più di chiunque altro siamo grati a Daiana Priarollo, a cui dedichiamo
questo spettacolo, senza la quale non avremmo mai potuto arrivare qui. Grazie.

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